Andrea Camplone, dopo sei promozioni da calciatore la prima da allenatore alla guida del Penne che sapore ha?
«Diverso, più bello se è possibile. Perché è una mia creatura, una mia idea sviluppata nell’arco di una stagione. E’ una grande soddisfazione che non ha paragoni».
E’ tornato a Penne a stagione iniziata, ci credeva?
«Quando sono arrivato nessuno avrebbe scommesso un euro sul Penne. Non soltanto perché era terz’ultimo in classifica. Ho dovuto svolgere un duro lavoro a livello psicologico perché il gruppo era sfiduciato. Veniva da un play off perso in zona Cesarini e da una falsa partenza. C’erano delle frizioni nello spogliatoio. Un po’ alla volta il gruppo si è ricompattato. Ho avuto la fortuna di trovare ragazzi bravi e intelligenti. Mi hanno seguito con umiltà e questa promozione è un premio per tutti. E’ stata una rincorsa strepitosa».
Un premio per che cosa?
«Per il lavoro e per il gioco. Il lavoro paga sempre, il gioco porta inevitabilmente alla vittoria. Il singolo può risolvere una partita o due, ma il campionato si vince con il collettivo, occorrono tempo e qualità per plasmarlo».
Camplone che tipo di allenatore è?
«Pignolo, quasi maniacale. E’ anche per questo motivo che ringrazio i ragazzi che mi hanno seguito. Sono essenzialmente me stesso anche se ho cercato di attingere da tutti gli allenatori che ho avuto da giocatore».
Ha qualche dedica da fare?
«Certo, alla mia famiglia, che mi ha sopportato, e al vice presidente del Penne, Pasquale Almonti, che mi ha rivoluto in biancorosso».
Resterà a Penne?
«Sì, la società vuole che resti e io ho dato la mia disponibilità. Anche se bisognerà affrontare la serie D con molta circospezione. E’ un campionato che richiede conoscenze diverse. Sono obbligatori quattro fuoriquota ad esempio. La programmazione va fatta con attenzione, anche perché bisogna rendere conto a un gran pubblico».
Squadra da rifare o da integrare per la serie D?
«Non è certamente da smantellare. Però, mi rendo conto che ci sono dei ragazzi che hanno richieste. E se vogliono andar via, tra i professionisti, va concessa questa possibilità».
Su chi si sente di scommettere?
«E’ brutto fare nomi, ma i vari Correa, Palmarini, Parmigiani e Landeiro possono giocare benissimo tra i professionisti. Questo senza nulla togliere agli altri che hanno le qualità per ben figurare a tutti i livelli».
«Diverso, più bello se è possibile. Perché è una mia creatura, una mia idea sviluppata nell’arco di una stagione. E’ una grande soddisfazione che non ha paragoni».
E’ tornato a Penne a stagione iniziata, ci credeva?
«Quando sono arrivato nessuno avrebbe scommesso un euro sul Penne. Non soltanto perché era terz’ultimo in classifica. Ho dovuto svolgere un duro lavoro a livello psicologico perché il gruppo era sfiduciato. Veniva da un play off perso in zona Cesarini e da una falsa partenza. C’erano delle frizioni nello spogliatoio. Un po’ alla volta il gruppo si è ricompattato. Ho avuto la fortuna di trovare ragazzi bravi e intelligenti. Mi hanno seguito con umiltà e questa promozione è un premio per tutti. E’ stata una rincorsa strepitosa».
Un premio per che cosa?
«Per il lavoro e per il gioco. Il lavoro paga sempre, il gioco porta inevitabilmente alla vittoria. Il singolo può risolvere una partita o due, ma il campionato si vince con il collettivo, occorrono tempo e qualità per plasmarlo».
Camplone che tipo di allenatore è?
«Pignolo, quasi maniacale. E’ anche per questo motivo che ringrazio i ragazzi che mi hanno seguito. Sono essenzialmente me stesso anche se ho cercato di attingere da tutti gli allenatori che ho avuto da giocatore».
Ha qualche dedica da fare?
«Certo, alla mia famiglia, che mi ha sopportato, e al vice presidente del Penne, Pasquale Almonti, che mi ha rivoluto in biancorosso».
Resterà a Penne?
«Sì, la società vuole che resti e io ho dato la mia disponibilità. Anche se bisognerà affrontare la serie D con molta circospezione. E’ un campionato che richiede conoscenze diverse. Sono obbligatori quattro fuoriquota ad esempio. La programmazione va fatta con attenzione, anche perché bisogna rendere conto a un gran pubblico».
Squadra da rifare o da integrare per la serie D?
«Non è certamente da smantellare. Però, mi rendo conto che ci sono dei ragazzi che hanno richieste. E se vogliono andar via, tra i professionisti, va concessa questa possibilità».
Su chi si sente di scommettere?
«E’ brutto fare nomi, ma i vari Correa, Palmarini, Parmigiani e Landeiro possono giocare benissimo tra i professionisti. Questo senza nulla togliere agli altri che hanno le qualità per ben figurare a tutti i livelli».
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